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‘Libero è il vento’ la nuova raccolta della scrittrice Caterina Tagliani

Dalla poetessa di Crema versi toccanti e drammatici che ricordano le ferite della nostra Storia. Si può guarire
SELLIA MARINA sabato 01 ottobre 2016
“La poesia è come il mare che sempre m’ispira e m’incanta: sereno o in tempesta riflette tutti gli stati dell’animo umano e in lui m’immedesimo e mi lascio trascinare per sondare ogni abisso e cercare di risalire alla luce e trovare un altro…arcobaleno”. Così è per la nostra poetessa che si lascia trasportare libera come “libero è il vento, a nessuno appartiene… amante delle nuvole e del sole/della sera, della notte e del mattino./Libero sempre e prigionier d’amore.” Sono versi, parte della lirica “Libero è il vento” che dà il titolo ad una piacevole e leggera raccolta di poesia, edita, nel luglio di quest’anno, da Il Convivio di Castiglione di Sicilia. In prefazione Giuseppe Manitta scrive, tra l’altro, che nella poesia della nostra Autrice “esiste una trama sotterranea che conduce direttamente all’osservazione dei meandri emozionali, legati precipuamente alle visioni dell’io e quindi del cuore, nonché alle esplorazioni del mondo, sia esso inteso come luogo particolare, cioè quello in cui si vive o in senso generale e universale”. Questa trama, che poi tanto sotterranea non è, è tutta intessuta dal vento, elemento della natura, filo conduttore che lega tutta l’attività umana e letteraria dell’Autrice come metafora di anelito vitale che esprime in versi, in parole, quel turbinio di sensazioni e sentimenti che agitano il suo io. Sembra, e lo è, come ho scritto in altra circostanza, una sorta di denuncia per una umanità troppo legata agli odi ed alle violenze, una denuncia accorata ma con una speranza per una diversità di vita. Come nella lirica Nepal laddove “…le mura screpolate portan ferite/ ma molte a terra sono sbriciolate/ coprono i corpi, troppi da contare,/ e la terra, signora della vita e della morte,/ da padrona schiava diventata/ d’ogni umana insanità…s’è vendicata/ su poveri infelici che un futuro più non avranno/ e sui feriti grondi di sangue che non si raggruma/ la pioggia sola laverà il lor pianto./Tu non voltarti, la tua pietà non serve/ e la coscienza…l’hai seppellita insieme al loro marmo.” Già, “umana insanità”, ed intanto “assorto nel tuo impegno non t’accorgi/ di come il tempo passa e in un istante/ volan le ore, cala presto il sole.” (Fruscio di fogli).
“Umana insanità” che è diventata “solo filo spinato” che stringe e costringe “pigiati come bestie mamme e bimbi/ anziani e baldi giovani, occhi bassi/pensano al futuro ma non han domani.” Stiamo leggendo una poesia ricca di passione, di tenerezze, di abbandoni. E non solo. Sono versi che risultano toccanti e drammatici perché ricordano le ferite della nostra Storia. Si può guarire. È possibile guarire. Questo è il messaggio meraviglioso e non utopico perché, mentre “cala la sera”, la nostra poetessa, e noi con lei, volge il suo pensiero all’Assoluto che “m’appari, nel rosso del tramonto/ che dilaga, illumina questo mondo/ carico d’odio e di miserie infami./ Alla Tua porta busso, vorrei entrare,/ congiungere le mani per pregare./ Cala la sera e ammiro il tuo splendore/ ma torno al casolare, non ho avuto cuore,/ Signore, di entrare e farmi perdonare.” È poesia che canta la scarsa luce che accompagna l’uomo nella vita di oggi, l’amara pena del viaggio e l’eterna sosta alle soglie della grande luce. E mentre l’umanità senz’ anima corre e scorre impetuosa come torrente nella sua vallata, lui, il vento “non ha nessuna lacrima sul viso/ nessun ripensamento, ma se geme/ è il suo ricordo che nel cielo vola/ e alla terra regala le sue pene./Lui s’alza, volteggia, esile elfo/ ormai senza più zufolo, s’intrufola/ costretto a veleggiare senza sosta/ in cielo per cambiar posto alle nuvole,/ sul mare, rovesciando con fragore/ tutta la sua rabbia, il suo malumore/ per poi tornare esile e gentile/ a carezzare dolcemente un fiore.” Libera come il vento è l’amica Caterina Tagliani, Accademica, autrice della raccolta oggetto di questa nota, poetessa e scrittrice di gran vaglia, nativa di Crema ma residente da tanti anni a Sellia Marina. Laureata in Pedagogia ed un Master in Bioetica e Sessuologia presso l’Università Teologica “San Tommaso” di Messina. Pluripremiata in ogni dove, in Italia e all’estero: prestigiosi riconoscimenti le vengono, tra i tanti, dall’Accademia dei Bronzi di Catanzaro e dall’Editore Vincenzo Ursini, dal Circolo Culturale Mario Luzi, dall’Universum Academy Switzerland, dall’Accademia Internazionale “Il Convivio”. Autrice anche di “Hannah Arendt: libertà e rivoluzione” edito, nel 2014, da Vincenzo Ursini di Catanzaro, saggio di filosofia utilizzato per Lectiones Magistrales” nei Licei della Calabria. Sfogliando pagina dopo pagina, e non solo di “Libero è il vento”, se ne ricava una poesia che non rincorre chimere o sogni vacui, ma si innesta in una realtà che le vive intorno e dentro. Da essa trae, con intelligente e vivido linguaggio, versi che vivono di un realismo proprio e di una sofferenza di rassegnazione sì ma di speranza.
Articolo di Mimmo Stirparo su -Il  Cirotano, 4 Ottobre 2016





Il Quotidiano della Calabria 


" La  Campana di Ombriano"






Rivista Santa Maria del Bosco, articolo di Mimmo Stirparo, 2 Novembre 2018
A CATERINA TAGLIANI IL 1° PREMIO ”CITTÀ DEL GIGLIO 2018” PER “VIAGGI IMMAGINATI”.
La nostra collaboratrice premiata a Firenze per la sua capacità di colloquio, di incontro, sui fili di un rapporto confidenziale, umano, mai precario, mai banale e la capacità si estrinseca nel bisogno di donare intensamente tutta la piena dei sentimenti che vivono ed urgono dentro.
Si vuole a volte rimembrare viaggi
che pensavi senza data e senza meta,
quei viaggi immaginati senza un giorno
che avesse già previsto anche il ritorno.

Un viaggio sopra un mare sconfinato
 sopra una vela gonfia per il vento
e gli spruzzi dell’acqua sulla fronte
asciuga il sole quando il sole splende.

Un viaggio dove l’alba mai finisce
una partenza da mettere in cornice!
Se cerchi un posto nella tua memoria
trovi dei luoghi che ti sono cari.

Rampe di scale sempre da salire,
balconi che s’affacciano sul mare,
un orologio che non suola l’ore...
Quello era il viaggio che volevi fare!

Messina, 12 Novembre, Prolusione A. A.2010

La poesia di Caterina Tagliani conquista Firenze. E scusate se è poco! Già, perché, nella Città di Dante, alla nostra collaboratrice, che non ha bisogno di presentazione se non che, giusto per ricordarlo, sia stata, nel settembre scorso, validissima giurata al Premio Letterario “Mastro Bruno cerca discepoli nel mondo” di Serra San Bruno, le è stata assegnata la palma d’oro per la poesia sopra riportata titolata “Viaggi immaginati” e scritta nel 2010 in occasione della prolusione nello stesso anno accademico del Master in Bioetica e Sessuologia all’Istituto San Tommaso di Messina. Nei giorni scorsi, infatti, l’amica Caterina ha riscosso il prestigioso riconoscimento, col 1° posto in assoluto, al Premio ”Città del Giglio 2018” a tema “Il viaggio”, organizzato dall’Accademia “Vittorio Alfieri” del capoluogo toscano.
Non posso fare a meno di ripetere quel che ho scritto in altre circostanze. Nei versi della Tagliani tutto è semplice e colorato. Tutto è immediato e chiaro come sorgente d’acqua. È proprio la freschezza che caratterizza il suo canto lirico perché ella nei frammenti concreti della sua vita costruisce e scopre le sue emozioni: passato e presente, gioie e perplessità, si fondono e diventano il filo conduttore di immagini piacevoli e tanto pregne di forti sensazioni. Le emozioni che anche un viaggio, pur solo immaginato, può suscitare creando amore, un amore che riscopre anche nella delicatezza artistica e nella bellezza di un’opera orafa qual è quella di Michele Affidato di fronte alla quale Caterina non può fare a meno di poetare e pregare con un ritmo calmo, fascinoso ed accattivante con immagini vive e palpitanti.
Il viaggio che diventa poesia di un percorso che ogni uomo prova a tracciare, il viaggio è poesia per chiunque voglia cambiare qualcosa nella propria vita.
“Un viaggio sopra un mare sconfinato/ sopra una vela gonfia per il vento/ e gli spruzzi dell’acqua sulla fronte/ asciuga il sole quando il sole splende.” Il mare, il vento, l’acqua, il sole, tutti elementi vitali della natura, non solo in un viaggio, ma in tutto il viaggio della vita. È la natura che ci viene offerta nel suo più scoppiettante fulgore, nella varietà dei suoi colori. Non manca il riflesso del cielo col suo azzurro più intenso. Pare quasi di rivivere un profondo messaggio dove l’itinerario, anche quello pensato, immaginato che ti resta scolpito nella memoria, ci affascina per intrinseca gioia d’amore. La poetessa, con versi fascinosi, singolari per capacità fabulatoria, ci mostra la sua conquistata saggezza poetica. Il discorso chiarifica i suoi sentimenti di ricerca e di colloquio. Con questi versi la Tagliani è tutta capacità di colloquio, di incontro, sui fili di un rapporto confidenziale, umano, mai precario, mai banale e la capacità si estrinseca nel bisogno di donare intensamente tutta la pienezza dei sentimenti che vivono ed urgono dentro. C’è, al postutto, una non troppo nascosta tenerezza che si esprime comunque con immagini che sollecitano riflessioni e sollecitazioni sulla nostra condizione umana ed anche ripensamenti. 
018-Un amico ha scritto di me...Caterina Tagliani
(Personale e relativa riflessione di Mauro Pietro Paolo Montacchiesi che ringrazio )
***
Caterina è dinamica, positiva, solerte, con un marcato penchant per una vita scevra di costrizioni ed intarsiata di eventi attivamente vissuti. E’ schietta, affidabile e difficilmente a qualcuno ricusa il dialogo, se non per seri motivi. Aborrisce la violenza in ogni sua forma, segnatamente quella razziale o sulle donne (actionaid), di cui è fiera oppositrice. Nel suo dna ci sono il sole, il mare, l’ottimismo e, soprattutto, la libertà di pensiero, anche eterodosso, riscontrabile, ad esempio, nella scelta e nella lettura di uno dei suoi libri preferiti, quasi a voler enfatizzare, forse subliminalmente, la relatività storica dell’Etica, come pure lasciar intravvedere una latente, soggettiva istanza di emancipazione dal proprio Super-Ego: “Madame Bovary” (1856), primo romanzo di uno dei demiurghi del realismo francese, come pure avant lettre della narrativa moderna: Gustave Flaubert. Romanzo immediatamente ostracizzato dai pubblici inquirenti, a motivo di iconoclaste immoralità ed oscenità. Un ipotetico, seppur relativo e frammentario, parallelismo, quello di Madame Bovary, con Diogene di Sinope (quello della lampada), che girovagava tra i suoi concittadini per professare i postulati della sua estetica filosofica (il Cinismo) libera e contro ogni convenzione sociale, contro ogni legge morale, contro ciò che è nobile ed ideale (In realtà ciò che l’Etica del momento effimeramente considera nobile ed ideale. Oggi Madame Bovary sarebbe un’acclamata eroina). A tratti, è come se la vita avesse costretto Caterina a recludersi nella solitudine della sua turris eburnea, in esclusiva compagnia della sua sempre in fieri saggezza. Solitudine che si riverbera nella scelta, sicuramente mai casuale, di un altro libro tra i suoi preferiti: “Cent’anni di solitudine” (1967) del colombiano Premio Nobel per la Letteratura (1982) Gabriel Garcìa Marquez. Romanzo che dischiuse la dinamica di una realtà di solitudini tra loro intersecate, in seno alle quali si dipana l’ineluttabilità del destino. Ma sono proprio questi momenti che hanno consentito all’universo soggettivo della Nostra di sfidare se stesso, di corroborarsi, di acquisire maggiore ed oggettiva coscienza, di convertire le proprie pulsioni in potenzialità deflegmate da qualsiasi scoria, da usare successivamente con coscienziosità. L’esperienza così maturata ha prodotto un impatto metafisico verso un più elato magistero filosofico-valoriale, relato all’esistenza stessa. Similmente al cinico Diogene di Sinope, che in pieno giorno girava con una lampada accesa per cercare “l’uomo”, così Caterina allegoricamente usa “Una lampada accesa” (sua lirica inserita nel “Repertorio di Arte e Poesia” 2a Edizione 2016 – leggi infra) nel suo percorso di trascendimento di limiti e confini, della realtà sensibile, di se stessa, in un incedere, connaturato all’esistenza, dell’esistente verso l’essere, cioè il tendere verso il mistero dell’essere. Un’ascensione verso il cacume di una montagna, verso un belvedere sul mondo che irradia e rischiara tutto l’essere, prossimo al firmamento, inconfutabile luogo di alchemica trasformazione del se. Caterina sta varcando la soglia di una nuova dimensione della coscienza, dei rapporti umani. Il suo sviluppo spirituale la sta introducendo in una fase superiore, verso l’assoluto. Nel corso della sua vita, Caterina ha sperimentato il prestigio ed il potere, esperienze che intimamente preserva con orgoglio. Ha avuto una certa tendenza critica, anche verso se stessa. Si è sempre presa le sue responsabilità e forte sempre è stato il suo senso del dovere. La vita l’ha messa al cospetto di diverse ordalie e questo per costringerla ad entrare in contatto con il suo lato emotivo, per renderla più duttile. Sta iniziando a comprendere che le paure sono soltanto sovrastrutture, costruzioni della mente. Il suo sviluppo spirituale la sta trasformando, completando, in un’archimandritica, anagogica “lampada di Diogene” per gli altri, per illuminare il loro passaggio, attraverso i gradi della realtà, dal sensibile all’intelligibile. (E’ un concetto neoplatonico).
***
Una lampada accesa

Una lampada accesa perché sia
luce al tuo cammino, speranza
che ti guidi lungo un viaggio faticoso
che non t'ha visto ancora vittorioso.

Una lampada accesa nella sera
per te viandante, pellegrino ignoto
che vaghi ramingo tra il fragor
d'un mondo, muto al cuore

perso in fugaci gioie che rincorre.
Non sente l'acqua che il deserto inonda,
nasconde l'oasi affacciata ai bordi
di una duna vagabonda.

Una lampada accesa perché sia
il mio augurio a te, una scia lungo la via
che ti precede, ti segue al limite dell'ombra
che t'avvolge nel suo manto, ed io ti sono accanto.
(Copyright di Caterina Tagliani)
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