Non lasciatevi ingannare
! È da tempo che intendevo parlarvene,
scrivere di lui che è davvero speciale perché non è un tipo socievole, ma questo non deve spaventarvi né dovete in alcun modo andare a cercarlo in
Internet, vi verrebbe subito l’itterizia
o come minimo una strizza di quelle forti perché bastano poche parole a
farti sentire già sull’orlo della tomba, perciò non date retta a quello che leggete in rete ma a quello che
dice il vostro medico perché ogni caso è diverso così come ogni fisico reagisce
in modo diverso alle terapie come agli effetti collaterali. Dopo questo esordio
iniziale che vuole essere solo un suggerimento, passiamo al fatto in sé…sempre
che riesca a raccontarvi tutto, sapete com’è io ce la metto tutta a restare
viva, sapevatelo!
Chiarito
questo credo che dovrei iniziare dal principio e cioè da molti anni fa, mi pare
vent’anni ormai quando mi operarono una prima volta per un melanoma alla gamba, la sinistra per la verità e anche per
quell’operazione dovrei ringraziare una compagna di lavoro, ossia di scuola
alla quale avevo mostrato una striscia bluastra che si andava formando tra il
ginocchio e la coscia, non mi faceva per
niente male, era da un po’ di mesi che da rotonda si andava diffondendo ma
senza per questo procurare dolore, solo fastidio perché stare in piedi vicino
alla fotocopiatrice ai primi di luglio
non era per niente simpatico. Fu allora
che l’amica Maria mi disse: “ Se fossi
in te la farei vedere a un dermatologo”, andò proprio così, certe volte devi
dare retta ai consigli delle amiche! Per farla breve, all’Ospedale Pugliese dove
mi recai per una visita preliminare, ci rimasi un mese e mezzo perché il buon
dottore Valente, Primario del Reparto di Dermatologia non mi mollò fino a
quando non arrivò l’esito dell’esame istologico, ogni mattina quando passava per le visite, io
voltavo la testa da un’altra parte e piangevo, per la debolezza penso, tanto
che un giorno un po’ indispettito disse
a voce alta e con tono seccato “ ma perché piange?” e il Dottor Ferri che era con lui rispose “ forse è allergica
ai camici bianchi “, ricordatevi di questo medico che tornerà un’altra volta nella
mia storia., ma non pensate che in quel mese e mezzo tutto sia andato liscio,
era subentrata un’infezione e quindi tutto andò per le lunghe, alle dimissioni
la ferita era ancora aperta e si chiuse “ in seconda istanza” come si dice in
termine medico ( vedete come sono brava ) e con una raccomandazione del
Primario che allungandomi la cartella accennò alla mia tasca “ e lasciate stare
quelle”, alludeva alle sigarette. Non crediate che voglia fare una digressione
per cambiare argomento, già ma quando arrivi al Braf Mutato? Calma ci arrivo tra poco ma a me piace
ricordare quel periodo di ricovero, così diverso da quello odierno, quello
della pandemia del Covid 19 dove ogni
passo è controllato, una cosa però non è cambiata, le lunghe file davanti
all’accettazione e i brontolii di chi aspetta e pensa di essere stato superato
da altri, l’attesa non sempre solo noiosa ma può essere anche spesso dolorosa.
Quel mese e mezzo fu diverso, il caffè alle sei quando iniziava il turno delle
infermiere, le pile di garze piegate con cura per le ferite dei pazienti nei
lunghi interminabili pomeriggi, le sigarette fumate nel corridoio davanti alla
finestra aperta…già oggi non si può fare più, intanto per il rispetto dovuto ai
pazienti, poi le campagne antifumo hanno fatto il resto, come si suol dire,
fanno desistere dall’iniziare questa deplorevole
dipendenza che fa male al fisico e al portafoglio, ma non meravigliatevi se vi
dico che sto fumando, sono sempre sincera. Bene, tornata a casa dal Pugliese iniziarono le visite di controllo
all’Ospedale Ciaccio con la Dottoressa
Mirabelli, ogni tre mesi dapprima, poi
ogni sei e alla fine ogni anno fino all’ottavo, ecoaddome e Tac si sono alternati e sempre con esito
negativo, il melanoma era stato asportato chirurgicamente e nessuna terapia era
stata effettuata, non si era ripresentato, a ricordo era rimasta solo una bella
cicatrice per quegli undici centimetri per 4 mm. che avevano asportato di
derma, ipoderma e altre parolacce attinenti
che si usano in medicina.
Tre
anni fa ha inizio una nuova avventura, appunto quella del Braf Mutato, non
potevo sospettare nulla ovviamente perché si è presentato in modo subdolo,
nulla delle prime manifestazioni poteva far pensare ad un carcinoma, in fondo
ad una certa età te lo aspetti che in estate i piedi si gonfino ma ti chiedi
perché si gonfiassero non solo i piedi, ma prevalentemente dal ginocchio all’inguine, la mia coscia sinistra aveva
preso l’aspetto di un grosso prosciutto.
Faccio
una piccola premessa, dovete sapere che amo scrivere poesie e partecipare ad alcuni concorsi poetici, in dieci anni ho riscosso
oltre 170 riconoscimenti, attestati, targhe, diplomi o altri
ammennicoli simili, alcuni li ho incorniciati ma ce ne sono un bel pacco anche
conservati, mica posso riempire i muri della casa, benché non sia un’idea
malvagia, risparmierei tinteggiandola ( un tempo con mio marito avremmo voluto
arredare i muri con tutte le cambiali firmate dal nostro matrimonio in poi ),
quindi mi dico perché? Forse non ci stanno bene un po’ di riconoscimenti delle
varie Accademie nazionali, internazionali o Associazioni? In fondo l’aver
scritto oltre 1600 poesie, anche se tantissime non pubblicate, meritano bene un
posto nella mia casa no? Voi direte e
che centra questo con il melanoma? Centra centra perché fu la causa che mi spinse ad
interessarmi un po’ di me, in fondo a parte l’angioplastica con l’inserimento
di due stend e poi il melanoma, in ospedale c’ero stata solo per partorire, ma
vi racconto tutto dall’inizio.
Con
la mia amica Caterina Rizzo di Pizzo, organizzammo un Concorso di poesia dedicato ad un poeta Calabrese conosciuto più
per una sua opera dedicata ad una donna, La Cecia, che per il suo estro
poetico, Vincenzo Ammirà classificato tra “I Poeti Maledetti”. Con Caterina ci
eravamo conosciute nel corso di un evento d’Arte, lei come pittrice e io per la
poesia e abbiamo continuato a collaborare promuovendo eventi culturali di un
certo spessore, come la Mostra d’Arte alla Tonnara di Pizzo dedicata a
Pinocchio e alla quale parteciparono oltre 60 Artisti- Un critico D’Arte
realizzò poi un Dizionario D’Arte e Poesia
che mi regalò ma avevamo già
pubblicato un libro dedicato a Pinocchio
con la mia prefazione e un racconto “ Un cuore per Belargie “ conservato non
solo a casa mia ma anche alla Biblioteca Collodi che aveva dato il patrocinio
alla Mostra, racconto che non manco mai di presentare agli alunni delle scuole
per i fondamenti culturali e morali che ispira. Forse dovrei parlare di più di
Caterina, la “ Pittrice della luce”, ai suoi dipinti ho regalato una sessantina
di poesie lei mi ha regalato due suoi dipinti, ama i colori tenui, il viola è
prevalente ma non disdegna il blu, il giallo,
il rosso, insomma sa sempre adeguare ai soggetti che dipinge, natura o
figura, il giusto colore. Per farla breve, il 15 Giugno del 2019 la
premiazione del Concorso di poesia da noi organizzato e per l’occasione mi
ospitò a casa sua, a Pizzo, c’erano da
firmare i diplomi come Presidente di Giuria, andare dal tipografo, insomma
c’erano tante cose da fare, già in un
incontro precedente avevamo scelto le targhe, visionato
cataloghi, insomma un Concorso è un grande impegno ma per farvela
breve, prima della sera il mio piede sinistro era bello gonfio, non potevo
tenere più il mio sandalo bianco e dovetti toglierlo e ricorrere ad una borsa
del ghiaccio per sfiammarlo. C’erano oltre 40° quindi ho sempre dato la colpa
al caldo per questo fenomeno che continuò a ripetersi nei giorni successivi,
dopo anche un breve tratto il piede e la caviglia si gonfiavano ma
l’applicazione del ghiaccio o una sosta sul divano faceva sparire tutto ma se
guardaste le foto della premiazione del Concorso vi verrebbe da piangere,
bianca…stanca ..emaciata….ma era per il caldo ovvio….Passò l’estate e venne
l’autunno e la cosa cominciava a preoccuparmi perché al gonfiore si era unito
anche una forte dermatite comparsa sulla gamba sinistra appena sopra la
caviglia, che mi dava un prurito tremendo ma per quella ho pensato ad una forma
di allergia a qualche particolare gatto perché dovete sapere che io ne ho una
decina ma verso luglio un’amica mi portò una gatta che non poteva più tenere,
Luna, vaccinata, color grigio perla e con l’abitudine di strofinarsi intorno
alle gambe, ma lei non c’entrava nulla poveretta, ciò non toglie che mi fece
antipatia da subito e lei imparò a starmi alla larga, in giardino insieme agli
altri.
Forse
non sono eccessivamente scrupolosa ma ho l’abitudine ogni anno di farmi alcuni
esami diciamo, di controllo, analisi del sangue, ecografie elettrocardiogramma
e di prendere ogni medicina prescritta dopo l’angioplastica ( niente
d’importante due stend ma mi sembra di avervelo già detto), Antra, Triatec,
Sivastin, Cardioaspirina ( perché la pressione
tende ad essere alta così come il colesterolo) e verso novembre ho prenotato una visita
cardiologica…ora voi mi direte, che centra un gonfiore al piede e più in alto
dall’inguine al ginocchio e che passava quando mi sdraiavo un poco? Però il
cuore è il motore di tutto e quindi come prima cosa andai dal mio Dottor Scotti
che mi rassicurò sul cuore, stava bene e mia figlia Aurora ne approfittò per
fargli vedere la mia gamba bella gonfia che lo impressionò non poco, il suo
timore era che ci fosse “ una trombosi venosa profonda” e mi accompagnò subito
in pronto soccorso per effettuare un ecodoppler, affidandomi alle premure di
una dottoressa bionda, giovane, che si prese cura di me e mi scarrozzò verso
l’esame. Erano le tre del pomeriggio ragazzi e me ne andai da li alle nove di
sera con la promessa di tornare il giorno dopo ma in quelle sei ore, dopo
l’ecodoppler ovviamente negativo, eseguirono una ecografia che forse cominciò
ad illuminarli, a quella seguì la visita del ginecologo Billa, molto burbero ma
non era colpa sua se certi attrezzi usati in certi punti fanno male, comunque
vide benissimo, e lo vidi anch’io cosa c’era e richiese subito una Tac addominale con contrasto. Il
Dottor Scotti dopo questa visita era scomparso, penso avesse finito il turno, ma,
dimenticavo, in tutto questo peregrinare da un ambulatorio all’altro, si era
unito il Dottor Petitto ortopedico che non ci abbandonò più anche nei
giorni successivi e oltre ( oltre ad essere ortopedico era anche genitore di un’alunna di mia figlia
Aurora ( non ve l’ho detto ma mia figlia insegna Storia e Filosofia in uno dei Licei più prestigiosi
della città, il “ Siciliani “), era il 29 gennaio 2019. Il mattino seguente la
bionda Dottoressa mi comunicò che c’era un posto libero in medicina e mi consigliò di continuare da ricoverata
altre analisi. Accettai ovviamente, non è facile mai trovare un posto in ospedale.
Dal 30 Gennaio al 5 Febbraio trascorsi questo breve periodo al “Pugliese-Ciaccio” con gran dispetto credo del
Primario di medicina perché in pratica era stato fatto tutto dal Pronto
Soccorso e quando gli trasmisi le carte degli esiti e dei quali avevo copia, si
limitò ad un “ e adesso che devo fare io “, piuttosto indispettito e in realtà
solo il giorno prima delle dimissioni mi inviò per la biopsia dove un altro
tecnico, un bel giovanotto moro, bravissimo ma molto indelicato, con un macchinario
alla cui punta mi sembrò di vedere un ago lunghissimo, operò due volte per un
prelievo. Gli chiesi molto fiduciosa e accennando alla mia gamba sinistra dove la cicatrice del
melanoma di 17 anni prima aveva scavato una piccola fossa, “ pensate dipenda da
questo”?, con molta sicurezza rispose “ Si, certo”, ma gli infermieri che mi
accompagnavano con il lettino sobbalzarono, uno cominciò a sudare, solo io che
ancora la gravità della cosa non l’avevo compresa rimasi tranquilla, almeno
avevo una mezza diagnosi caspita!
Ora
voglio parlarvi di questa breve degenza. L’ospedale quando entri diventa un po’
la tua famiglia, ci si presenta, si parla con tutti, fai subito amicizia,
imbocchi chi non può farlo, dai l’acqua a chi non può bere da solo, insomma
passi la giornata servendo un po’ gli altri se hai la fortuna di stare in
piedi, malgrado sempre la gamba gonfia…. Nella mia stanza eravamo in tre, una
signora che non poteva muoversi perché era oramai allo stadio terminale, chiedeva continuamente acqua, le infermiere
non volevano, ma come fai a negare l’acqua ad una moribonda, così la facevo
bere a piccoli sorsi dalla cannuccia e una povera diavola venuta da non so
quale campagna con una polmonite ma c’era anche la stanza accanto con sei letti
e allora passi da tutti, ve l’ho detto, una grande famiglia dove si condividono
gioie e dolori. In questa camera a sei letti c’era Pina un “ batuffolo di cotone…”, giovane ancora, so
che era stata operata tempo prima e ora forse una ricaduta del male la portava
alla fine. Era ancora giovane, la pelle rosata come una bambola di celluloide,
la imboccavo, a volte non voleva nulla né
da infermieri né da parenti, da me sì, la lavavano ma non si accorgeva
di nulla, andavo spesso da lei e le parlavo, allora apriva gli occhi e si
sforzava di rispondere, sorella e marito erano inconsolabili, sapevano già che
li avrebbe lasciati ma che volete farci, la speranza non ci lascia mai neppure
in ospedale..alla fine ti aspetti che accada un miracolo…che non ci fu e le
scrissi questa poesia
AL LIMITAR DEL NULLA
Si risveglia e come grande alveare, ronza
un bisbigliar d’anime, sospiri di sollievo
per chi ha finito il turno,
lacrime per chi ha lasciato il tugurio.
Batuffolo di cotone in letto grande
bambola misteriosa, pelle rosa,
occhi di porcellana chiusi sopra i sogni
vigile la mente ascolta ma non dice…
raccogli i petali caduti a noi d’intorno
spargili alfine al limitar del nulla
non aver fretta di andare via,
intanto, altra barella scivola in corsia…
Catanzaro, 3 Febbraio 2020
In ricordo di
Pina Montesano
Una poesia per ricordare
è sempre ben poca cosa, ed io non sono un poeta di gran fama, ma il marito e la
sorella mi furono molto grati per questo ricordo scritto su una pagina di
quaderno e nemmeno in bella calligrafia, piansi anch’io perché mi ero
affezionata a questa giovane signora così sfortunata così come alla mia vicina
di letto che guarì dalla polmonite e volle anche lei uno scritto e il mio
numero di telefono, mi regalò anche un paio di calzini, lei ne aveva a mucchi
nell’armadietto e ogni giorno gliene portavano di nuovi.
Un altro evento
importante di quella degenza fu la comparsa direi quasi improvvisa dei flaconi
per disinfettare le mani, non dimenticate, eravamo ancora ai primi di febbraio
ma le notizie che giungevano dalla Cina e le immagini televisive le avevamo
memorizzate tutti, il Covid era il centro di ogni argomento, ho sentito spesso
le infermiere sussurrare “..ma..dovremo anche noi metterci quei cosi lì..” e si
passavano la mano sulla testa accennando alle tute per evitare il contagio.
Ripeto, eravamo solo a febbraio ma il nostro Governo ( più che mai ladro ),
restò cieco, muto e sordo fino a marzo mentre il Covid si diffondeva su larga scala perché tanto la gente andava e veniva,
partiva e tornava, portandosi dietro e diffondendo il virus letale, per inciso,
ho perso con il Covid un nipote ancor giovane, una cognata che, se pur
ottantenne si era ricoverata per tutt’altro,
una cugina e tanti cari giovani amici.
Meglio lasciar perdere altrimenti inizierei a sproloquiare e non è mia
intenzione annoiarvi, inoltre, del Covid hanno parlato e straparlato competenti
e non…i risultati li conosciamo
purtroppo tutti, né possiamo dimenticare i camion dei soldati carichi di bare,
con loro se ne andava un po’ del nostro cuore, ma questa è un’altra storia
ancora tutta da scrivere.
SIRENE NELLA NOTTE
sfilano i mezzi militari carichi di bare
mentre il covid continua a mietere vittime.
Come
serpe che agile striscia
e
non vedi che esili fili
muoversi
al vento come onda
solcare
il prato verde smeraldo,
così
avanzò travolgendo al passaggio
teneri
germogli, giovani,
vecchi
già stanchi.
Riempì
ogni zolla di lacrime
lunghe
fila di bare lontano portate
non
seguite d’alcuno,
sirene
nella notte
mentre
un’ambulanza sale
e
un’altra scende, zeppo è l’ospedale
dove
soffre ognuno,
quanti
ne resteranno fino al mattino?
Bene, anzi male, torniamo sull’argomento melanoma, mi dimisero dalla medicina e, come
vi ho detto già, o l’avete dimenticato? Con un consulto per l’oncologo, ma
trovai il chirurgo che guardò le carte e alla richiesta di assicurazioni sull’esito,
il bravo Dottor Castaldo si limitò a dire molto seriamente, “ se non apro non
posso assicurare nulla, non so cosa mi trovo davanti “., forse non l’ho
specificato che il mio Melanoma Braf mutato era posato sulla vena inguinale della
gamba sinistra ed era quanto un’arancia? Non
è che ogni volta posso andare a rileggermi quanto ho scritto dall’inizio
no? Voi perdonerete qualche ripetizione, ad una signora che sta per compiere 77
anni credo si possa perdonare questo ed altro, ad ogni modo, fissata
l’operazione chirurgica, che non fu cosa da poco e oramai in piena pandemia,
l’esito non fu scontato, lasciandomi più abbattuta che mai. Il buon dottore mi
aprì, certo, ma solo dopo aver tentato in laparoscopia ma non poté rimuovere
nulla se non prelevare dei campioni, troppo pericoloso cercare di estirpare
quella “ metastasi linfonodale “ dall’inguine. Ero di nuovo al ”Pugliese” e non
posso dire, al di là del dolore prodotto dell’operazione, di essere stata
trattata male, ma certo risvegliandomi convinta che fosse andato tutto a posto
e rimossa quell’ingombrante arancia, ci
restai molto male quando il medico giunto per la visita giornaliera nella
camerata a sei letti e seguito da un codazzo starnazzante di infermiere per le medicazioni
che blateravano per certi soldi che avanzavano, gli scappò detto che non si era
potuto fare nulla, scappò letteralmente dalla stanza in cerca, penso, di chi mi
aveva operato e passarmi a lui per le dovute spiegazioni, visto che mi ero un
po’ alterata. Non venne nessuno anche nei giorni successivi in compenso brave infermiere e inservienti si
presero cura di me, cambiando continuamente cerotto e garze che s’inzuppavano perché i sondini non potevano essere fissati
bene, quando riuscii ad alzarmi dal
letto mi lavarono anche i piedi,avevo
fatto anche delle foto ma ogni tanto elimino e per ora non le trovo, ma non
avete perso nulla, ero proprio brutta così dimagrita, sembravo una poveraccia
del Biafra. Della sala operatoria ho vividi ricordi. Mi scesero con tutto il letto
consegnandomi ad un medico anestesista molto gentile che iniziò chiedendomi se
fossi allergica a qualcosa, non mi risultava, e “m’imbucò” in una stanzetta più
piccola, guardavo preoccupata chiedendomi come facesse a passarci il letto così
grande, sulla parete che mi venne di fronte prima della sala operatoria erano
disegnati tanti pupazzi e fiori mi pare colorati, pensai che dovevano essere
stati fatti per i bambini che dovevano passare di lì, poi di fronte mi venne il
viso del Dottor Castaldo, di Scotti e di altri medici di cui non ricordo il
nome e poi il buio, mi sono svegliata nella stanza, attaccata ad una flebo, un bel
cerottone sulla pancia e un sondino attaccato al mio pancione.
Ora dovrei anche qui
fare una digressione, per tutto il tempo dell’operazione mia figlia Aurora era
lì fuori, in attesa del responso, immaginate con quale animo e preoccupazione,
da sola, perché mio figlio Corrado e mia figlia Giulia non vennero e so che non
fu per cattiveria, penso che neppure loro si rendessero conto che non era una
passeggiata ma una cosa molto seria, inoltre, c’era il Covid e non era tanto facile viaggiare o fare
visite, infatti, anche nei pochi giorni successivi all’operazione, non vidi mai
mia figlia, le infermiere portavano fuori dalla porta il cambio e mi portavano
le cose pulite dentro, il tutto rigorosamente con mascherine, l’unica visita molto gradita fu quella di Scotti insieme alla
moglie, Tina, e di Cassadonte con Maria, solo il mattino prima delle dimissioni
il bravo Dottor Castaldo venne a salutarmi, era un po’ mogio ma lui aveva fatto
il possibile e della lunga cicatrice è rimasta solo una labile traccia. Il risveglio ve l’ho raccontato e mi fermo
qui. La visita successiva fu con una simpatica dottoressa del Ciaccio, Fabiola,
un nome che è tutto un programma, non solo, guarda un po’ che caso, madre di
un’alunna di mia figlia Aurora, ma fu lei a dircelo in una delle prime
visite. Rividi così dopo diciotto anni
la Dottoressa Mirabelli che aveva seguito per
otto anni i miei controlli dopo il primo melanoma, ma nessuno voleva
credere che si fosse ripresentato dopo così tanto tempo, quindi ricominciarono
gli esami, una bella PET eseguita al
Policlinico Universitario di Germaneto per scoprire se oltre alla massa
individuata ci fossero altri focolai in giro ma il radio evidenziò solo il
solito arancio all’inguine, tutto il resto era pulito, poi fu la volta della
gastroscopia e della colonscopia, quella si fu molto dolorosa perché evidentemente
il valium o qualunque cosa ci fosse
nella iniezione effettuata, non aveva sortito alcun effetto.
Intanto erano arrivati da Cosenza gli esiti dell’esame istologico e mi ricoverarono al Ciaccio che è appunto il
centro per i tumori e credo serva mezza Calabria, non solo Catanzaro e
Provincia.
Anche questi pochi
cinque giorni di ricovero non furono affatto facili, la mia gamba continuava a
gonfiarsi a dismisura, in piedi o sdraiata non passava mai, ci camminavo nella
stanza, giusto per arrivare al tavolo per la colazione, pranzo o cena, per il resto
dove volevate che andassi portandomi una flebo appresso? Dalla finestra potevo
ammirare Catanzaro e i bellissimi pini del parco che circondano l’ospedale, i
minuscoli scoiattoli che correvano veloci di ramo in ramo, bellissimi, con una
coda a punto interrogativo molto gonfia, nera, era davvero uno spettacolo
contemplare l’alba dai vetri, naturalmente è nata più di una poesia in quei
pochi giorni, ve ne lascio una qui
ALBA AL “CIACCIO”
Fra
aghi sottili, vicini, si stretti
che
il vento sfiorandoli mormora
pettina
lunghi capelli di seta
olezzanti
al bacio dell’aurora.
D’intorno
come ali, stormi d’uccelli
cantano,
cinguettano tra i rami
e
uno stelo rorido di rugiada mattutina.
L’incanto
dell’alba riflette
questa
immensa maestosa pace
che
accompagna ogni ora che scorre
ogni
istante che fugge, ogni attimo
d’infinito
splendore e nel sole poi muore.
Catanzaro, 25 Maggio 2020
per il resto, in quei cinque giorni, feci solo
una visita cardiologica, tanti sciacqui con una soluzione di bicarbonato alla bocca
piena di afte ( colpa dei medicinali credo ) e la mattina delle dimissioni la
mia pressione era 180/120, ma nemmeno una flebo con la soluzione di Laxis
riuscì a farla abbassare, in compenso venne la Dottoressa Mirabelli per dire
che potevo andare a casa. Così venne mia figlia Aurora a prendermi ( e chi se
nò ? ) e prima di dimettermi, due dottoresse ci ricevettero in un salottino
blu, Fabiola e la Del Giudice. Mi illustrarono i benefici della immunoterapia che era stata pensata per il mio melanoma Braf mutato. Dovete
sapere che la bella morettina Del Giudice, sembrava più che altro una ragazzina
molto gentile….mi congedarono con un, “ ci vediamo fra un mese e allora verrà con una gamba da ballerina “, io
ci credevo poco visto che la mia gamba aveva continuato a gonfiarsi anche
durante la degenza e che non era importato mai a nessuno di guardarla, l’unica
cosa che fecero gli infermieri fu di somministrarmi le medicine che mi ero
portata da casa e, l’ultimo giorno, misurarmi e pesarmi, 1,52 per 49 Kg., credo
servisse per il dosaggio della terapia che andammo a prelevare dalla Farmacia
Territoriale di Catanzaro Lido dopo aver lasciato l’ospedale.
Iniziai così a prendere
la terapia, immunologica in fondo mi dicevo, cosa possono fare delle pillole?
Invece non tardarono a mostrare i loro primi effetti collaterali, febbre,
nausea e quella confusione alla testa come se non fossi presente a me stessa,
mi dicevo in continuazione che il corpo doveva abituarsi, in fondo io non ero
tipo da medicinali, potevo schiattare dal mal di testa o di schiena ma non sono
mai ricorsa ai medicinali, pertanto cercai di abituarmi alle medicine, prima o
poi gli effetti sarebbero passati no? Invece non passò proprio niente, la gamba
in compenso non si era più gonfiata, solo i piedi e sentivo appena sopra la
caviglia che qualcosa me la rosicchiava, molto molto forte e molto male, così
all’inguine, “mi mangiano” dicevo a mia figlia Aurora e in quel primo mese
persi diversi chili. Mentre attendevo con ansia la fine del mese per il controllo al
quale mi sarei in seguito abituata, prelievo, ecoaddome o Tac,visita medica e la prescrizione della terapia per il mese
successivo.
Così al primo controllo
a giugno, prelievo e ecoaddome che non
rilevò nessuna massa, uscii piangendo
dalla sala ecografica del Ciaccio e Aurora era li, “ non c’è più niente “ le ho
detto con gli occhi ancora lucidi ma il bello fu alla visita quando mostrai il
referto alla Dottoressa Fabiola che mi disse “ andate a casa a cercarla perché
qui non c’è “, ve l’ho detto, è un tipo simpatico e chiamò ovviamente anche la
Del Giudice per mostrarle i risultati, entrambe erano molto contente
dell’esito, specie la Del Giudice, specialista per i melanoma e ideatrice credo,
della terapia.
No sto a raccontarvi tutto quello che in questi due anni ho passato, vi
dirò che mi gonfio e sgonfio come una rana, ho preso quindici chili e viaggio
per assumerne altri, che ogni tanto la terapia è stata sospesa “ per elevata
tossicità” ( ma mai più di una settimana ), che le mie gambe si riempiono di
ponfi dolorosi posati credo sui muscoli o dietro le ginocchia e questo mi
impedisce di camminare a lungo, o meglio, il solo arrivare dalla porta di casa o
al cancello diventa un’operazione dolorosa, per non scoprire mai quale delle
due pillole sia quella più tossica, se
il Mekinist o il Tafinlar. All’inizio la dose era credo molto pesante, per
questo forse ciondolavo un po’ come un ebete se stavo alzata, trascorrevo il
tempo quasi sempre sdraiata sul divano e
anche a letto non andava meglio. Una mattina mi sono trovata per terra accanto
al letto e sopra la trapunta, cercavo di aggrapparmi al comodino per rialzarmi
ma capivo, anche se incosciente, che non
aveva prese e che sarei scivolata ancora di più, Aurora era già andata a scuola
e la tata mi trovò alle sette e mezza bella distesa per terra, un episodio che
non ho mai dimenticato e da allora non rimasi più da sola nemmeno un’ora. La
terapia ha degli effetti strani, ma mi sono accorta che per periodi che a me
sembrano interminabili ma in realtà si tratta di poco, qualche mese o poco più,
colpisce determinati organi, dapprima iniziò con dei ponfi dolorosi a riempire
le mie gambe, non sono mai andati via se non quando è stata sospesa la terapia,
appena la riprendo, pam, sono sempre lì, bruciano e pungono prima ancora di
essere palpabili alla mano e mi fanno gonfiare i piedi e le ginocchia, in
pratica limitano molto il poter camminare a lungo. A poco o nulla sono valse e
valgono, le creme che il buon Dottor Ferri, sempre disponibile mi diede e che continuo a mettere, né
l’antistaminico che mi diede la Dottoressa Del Giudice ( ve l’ho detto che si
chiama Teresa?),vanno, vengono, più che altro vengono e quasi sempre solo sulle
gambe specie dietro le ginocchia, per fortuna, dico io, ve lo immaginate se si
presentassero in faccia o sul pancione già abbastanza gonfio? Invece da un po’
hanno iniziato proprio lì, al seno, sulle braccia e sulla guancia sinistra,
sembra che abbia un ascesso che va e viene ed è l’unico che non faccia male ma
la predilezione resta per la gamba sinistra ..ma fra pochi giorni ho il controllo mensile
e glielo dirò alle brave dottoresse che non ne posso più.
Anni fa diagnosticarono
una spondilosi anchilosante che, almeno
apparentemente, non mi diede mai particolari dolori, ma la terapia
iniziò il suo lavoro in modo molto efficace, Mi svegliavo al mattino con le
braccia bloccate, se cercavo di muoverle, dolori lancinanti alle spalle e alla
colonna vertebrale, era come se tanti topi mi rosicchiassero le gambe, facevo
un po’ fatica ad alzarmi dal letto pur
sollevandomi adagio pian piano, poi, all’improvviso dopo qualche mese, anche
questo dolore scomparve, non ricordo se perché era passato l’inverno o perché
il fisico si era ormai abituato alla terapia, mistero, ricordo che la
Dottoressa suggeriva di prendere la tachipirina, non ne ho mai approfittato,
quella la riservavo per la febbre, ve l’ho detto, al di fuori della terapia non
prendevo niente, eseguii anche un controllo per le ossa, con un macchinario
speciale, molto accurato, ma il risultato fu che si è vero ci sono numerose
calcificazioni e bla bla bla, ma il
tutto compatibile con l’età, insomma a settantasette anni ti puoi conciare come
uno straccio da buttare via. perché tutto ha una spiegazione ma spesso e volentieri i topi continuano a
rosicchiarmi le ossa anche dopo due anni e più di terapia. Poi fu la volta dei
brividi, appena mi sdraiavo, sul divano o sul letto, incominciavo a tremare e
non per il freddo, non ne sentivo affatto, anche questo..fastidio è durato per
qualche tempo poi all’improvviso è scomparso ma ne esce sempre uno nuovo.
Ma dovrei anche dirvi
che la terapia aveva colpito fin
dall’inizio gli occhi, dapprima fu
una semplice iridite per cui la
Dottoressa Mirabelli sospese per quindici giorni la terapia, ma solo il
Tafinlar mentre continuavo a prendere il Mekinist, erano passati tre mesi
dall’assunzione della terapia, oggi, dopo due anni e mezzo, c’è una “ maculopatia
bilaterale essudativa “ e non so più che danno alla retina per la quale prendo una pillola per nutrirla e un collirio
tre volte al giorno, ma devo essere sincera, tanto giovamento non ho avuto. Scrivere
qui al computer diventa faticoso, per fortuna puoi ampliare lo scritto e
accorgerti degli errori, ma leggere è più faticoso, ogni tanto mi servo della
lente di ingrandimento perché non tutti gli scritti si possono allargare, tutto questo dopo che mi ero già
operata di cateratte, tolto gli occhiali, vedevo un giorno nuovo…pazienza. Questo
è anche il motivo per cui mi sono un po’ allontanata dai concorsi di poesia e
dai social, leggere non solo mi stanca ma vedo poco e male, e scrivere ancora
meno per cui quando devo inviare delle poesie devo prima leggerle per
sceglierle e fra oltre 1600 poesie non è facile, per cui ora partecipo
pochissimo ai concorsi ma ho mantenuto i rapporti con tante amiche ( sul
computer mi viene più facile perché puoi ingrandire e leggere non mi costa
fatica, insomma impari l’arte di arrangiarti se vuoi continuare a fare
qualcosa…)., e poi, ci sono le mie belle orchidee che mi tengono occupata, per
ora ne ho una trentina ma stare in piedi mi stanca moltissimo e, specie con la
temperatura fuori dalla norma come quest’anno, tornano a gonfiarsi i piedi. Naturalmente amo tutti i fiori ma
l’orchidea è quella che posto più frequentemente sui social per questo ad un
incontro poetico un’amica mi venne incontro salutandomi “ tu sei Kate delle
orchidee”, lei era Mariella Bernio, eravamo a Lugano ad una premiazione dell’Academy Universum
Switzerland che in quell’occasione mi
gratificò con il titolo di Socio
Onorario e mi premiò anche successivamente in altri concorsi. Chiamai così una
mia raccolta di poesie che ho in seguito
pubblicato con il Convivio Editore che premiò la Silloge in una edizione dei loro concorsi.
Certo starei a parlarvi delle mie orchidee per molto tempo…ma si vil non sono,
vi dirò soltanto che passo gran parte del mio tempo con loro, ne ho trenta, bagnarle,
invasarle o curare tutti i nuovi germogli, richiede molto tempo e io ne ho a iosa visto che esco
raramente per via dei soliti ponfi che non mi fanno camminare, chi viene a
trovarmi le ammira perché sono un vero spettacolo, accolgono in un abbraccio ogni amica o amico perché
hanno trovato il luogo ideale proprio all’entrata della casa, ma passiamo
oltre…e torniamo alla terapia immunologica con la quale convivere non è facile
e soprattutto, non è per niente piacevole, perché al fare tutto io per passare
a fare quello che posso senza ritrovarmi nuovamente stesa sul divano ad ogni piccolo
sforzo, non è semplice, vorresti fare e non puoi, vorresti soprattutto
camminare e non limitarti a pochi passi fuori dal cancello di casa, andare al
mare per esempio che è proprio al di là della pineta e non lo puoi fare perché
l’equilibro che non c’è più non fa presa sulla sabbia ondeggiante, le ultime
visite e foto al mare le ho fatte quest’inverno, per ora che è stagione piena,
mi limito ogni tanto a passarci davanti con la macchina, se mi portano. Ma
torniamo alla terapia che, dopo un inizio di dimagrimento, diciamo tre quattro
mesi, forse anche cinque, cambiò completamente.
La sua tossicità si
caratterizzò pian piano con un inizio di rigonfiamento, il mio pancione dopo
l’operazione era rimasto abbastanza grosso e sinceramente mi pesava, pian piano
ho messo in questi due anni, e mezzo quindici kili in più dal mio solito peso,
un baule, o meglio una rana che si gonfia e sgonfia a piacimento, il fatto è
che io più che altro …gonfio ma anche
quando mi sgonfio all’improvviso incomincio a preoccuparmi, forse la terapia
non funziona più e pensieri simili che non mi fanno star bene fino alla prossima
visita di controllo. Presto non mi andò più bene niente, in particolare le
mutande che contribuivano ad arrossare l’inguine perché io, che non avevo mai sudato
in vita mia, ora, complice la terapia, il dover stare a lungo seduta e
l’eccesiva temperatura di questa pazza estate, sudavo in continuazione e per
questo il buon Dottor Ferri mi diede una crema speciale che faceva subito
effetto, magari avesse sortito lo stesso effetto quella per i ponfi ma anche
per il reggiseno ho cambiato diverse…misure. A tutto ciò dovrei aggiungere la
nausea che mi tormentava fin dall’inizio dell’assunzione della terapia, il cibo
non aveva nessun sapore e non ne ha nemmeno ora, così come non sento alcuna
fame, presto ho smesso di sentire i profumi, tranne quello della cipolla mentre
frigge, quello mi piace e lo avverto e qualche fiore quando è intenso come
quello della mia Hoya ( fiore di cera ), per aiutarmi a perdere peso, mia
figlia Aurora mi comprò una splendida Ciclette nera e per qualche tempo riuscii
ad usarla, ma quando i ponfi riempivano le ginocchia, era impossibile pensare
di pedalare, ma appena posso ci riprovo.
Non dimentichiamo che
eravamo in piena pandemia e qualcosa attribuivi alla terapia, altra
probabilmente ai vaccini, per quanto riferiscono ma certo non si può prendere
per oro colato tutto quello che senti in Tv. Il Covid impose la didattica a
distanza per cui mia figlia Aurora trasportò uno dei suoi Mac sul mio tavolo
del soggiorno e le lezioni scolastiche
proseguirono da lì per tutto il tempo che il Governo, inetto anche in questa
grave situazione e sempre in ritardo con
i necessari provvedimenti, impose alle
scuole. Ho potuto così farmi un gran ripasso di filosofia, ascoltare le
spiegazioni, come mia figlia presentava gli autori e quanta passione metteva e,
soprattutto, quanta pazienza alle interrogazioni, capivo perché gli studenti la
rispettassero tanto e fossero così interessati alle lezioni., ho fatto un gran
ripasso da Platone, Aristotele fino a
Husserl e oltre, la stessa cosa per la
storia, imparavo sempre qualcosa di nuovo…come si dice sempre “ non si finisce
mai d’imparare” o ripassare integrando quanto già sapevo, perché dagli altri
s’impara sempre e io avevo tanto tempo per continuare a studiare, per
riflettere, non sull’immortalità dell’anima
ma sulle condizioni che stavamo vivendo. Di mia figlia potrei e dovrei
parlare a lungo, delle sue attenzioni, cure, premure che ha per me. Non è un
tipo di smancerie ma in quello che fa lo so che mette sempre amore, credo che
se le chiedessi la luna sarebbe capace di procurarmi anche quella a mo’ di
Astolfo, troverebbe un novello e moderno Ippogrifo per accontentarmi, per il
momento mi ha trovato una Tata ( regolarmente assunta ) che resta sempre con me
ogni volta che per la scuola o altri impegni, deve assentarsi. Controllava,
visto che eravamo in pandemia ogni persona limitando al massimo le visite e se non poteva farne a
meno, chi entrava doveva essere assolutamente vaccinato e con mascherina, le
mie uscite una volta al mese erano solo per il controllo al Ciaccio, per il
resto, al di la del mio cancello o fino
all’inizio della strada, non andavo, ma non vado neppure ora perché i piedi mi
fanno male appena li poso a terra ma anche le ginocchia e le gambe, per non
parlare della schiena, incominciano a farmi male.
Occorre riconoscere che la Ricerca, così come
la Medicina, ha fatto passi da gigante e noi “soggetti fragili” ne traiamo i benefici
pur con tutte le conseguenze dovute ai
negativi e spesso letali “
effetti collaterali”, i decessi anche con l’immunoterapia ne sono testimoni
come ebbe a dirmi una giovane dottoressa all’ultimo controllo eseguito pochi
giorni fa, ho pensato che Giobbe ebbe
simili consolatori.
Non posso tuttavia
lamentarmi, guardo sempre a chi soffre di più ed evito di lamentarmi, forse
raggiungerò il traguardo dei cinque anni, forse no, chi può dirlo ma ho sempre detestato chi si lamenta in
continuazione e anche se i dolori non mi abbandonano penso sempre che prima o
poi…passeranno, oppure ….passo io….
Caterina Tagliani
Pubblicata in " Il Ponte sul Fiume Guai dalla Moby Dick Onlus Roma
1 Aprile 2023, Salla della Protomoteca in Campidoglio.
Nessun commento:
Posta un commento
Se la mia poesia ti piace, commentala, se non ti piace…ignorala